dieta chetogenica

Perchè la dieta chetogenica non ha funzionato?

Negli ultimi anni la dieta chetogenica ha preso piede su più fronti nel campo della nutrizione. Nonostante sia nata per il trattamento di pazienti epilettici, il suo potere dimagrante ha aumentato di molto il fascino nei suoi confronti. Dal trattamento dell’obesità, fino ad arrivare al diabete, questo approccio alimentare sembra un passe-partout di soluzioni per problematiche in qualche modo legate al peso.

Nonostante questo la letteratura scientifica non promuove a pieni voti questo approccio. Proviamo ad approfondire i lati più oscuri della dieta chetogenica.

Dieta chetogenica: uno strumento, non una soluzione

Per riparare un computer rotto non basta il pezzo di ricambio. Sono richiesti lo sforzo di sostituire il componente difettoso, gli attrezzi necessari e soprattutto la competenza nel farlo. La dieta chetogenica, come qualsiasi altro approccio alimentare, è uno strumento con cui ottenere un risultato, non l’intera soluzione.

La dieta molto spesso diventa lo strumento con cui il professionista educa il paziente ad un nuovo approccio al cibo, che gli consenta di affrontare un vero e proprio cambiamento di vita. L’efficacia di una dieta, e questa cosa viene spesso trascurata, non è data dal numero di chili persi, ma dal peso mantenuto sul lungo periodo. Il lavoro che deve essere fatto non è dunque basato sul sacrificio, ma sulla sostenibilità del nuovo stile di vita a cui si ambisce.

Una ricerca fatta nel 2021 (Spreckley et al) ha dimostrato come il mantenimento del peso sia legato soprattutto a fattori estrinseci alla dieta, che sostengono il paziente ad essere disciplinato nel seguire le linee guida alimentari.

Valutare i risultati nella maniera giusta

Cosa rende la dieta chetogenica a volte fallimentare? Una dieta di questo tipo non è sostenibile a lungo termine. Sono emerse in letteratura diverse problematiche relative a diete super restrittive per una persona che non richiede interventi drastici (vedi epilettici). I valori riscontrabili attraverso semplici esami del sangue, dopo un periodo superiore ai 6-8 mesi, sono spesso poco incoraggianti. Questo aspetto rende diete come la chetogenica difficili da gestire sul lungo termine e quindi poco utili sotto l’aspetto rieducazionale del paziente.

Perdere 10 chili in due mesi per poi rimetterne su 8 nei sei successivi non è un risultato particolarmente positivo, soprattutto per una persona obesa o al limite dell’obesità. La perdita netta è di due chili in otto mesi.

Perdere invece un chilo al mese per otto mesi mi da un risultato netto di otto chili persi, cioè quattro volte il risultato precedente. Sul lungo termine un dimagrimento lento rende anche più facile il mantenimento perché non è subordinato ad uno sforzo da parte del paziente, ma è una conseguenza del cambiamento di stile di vita.

La dieta chetogenica rimane in ogni caso un valido strumento che va applicato in situazioni in cui può essere effettivamente utile, non indiscriminatamente.

Cosa vuol dire educazione alimentare?

Educazione alimentare non significa solo distinguere carboidrati, grassi e proteine o abbinarli nella maniera giusta per abbassare l’indice glicemico dei pasti. Dare le giuste priorità è la parte essenziale. Quando il cibo va considerato come strumento sociale (aperitivi, cene, feste) e quando no? Quando posso permettermi di non badare alla dieta e perché? Sono tutte domande che meritano risposta. Una risposta che si trova solo sviscerando le proprie priorità assieme ad un professionista che faccia da guida.

Lo strumento con cui questa educazione viene trasmessa è sopratutto il piano alimentare, che deve essere elastico e malleabile a seconda del momento di vita che il paziente sta affrontando e a seconda delle sue necessità e bisogni. Non esiste una dieta predefinita che vada bene ad una singola persona per tutto il corso della sua vita.

La dieta chetogenica, come tutte le altre diete rigide e restrittive, non permette di approfondire questo tema ed abbassa di conseguenza le probabilità di mantenimento del peso una volta che ci si sposta verso un’alimentazione equilibrata.

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Bibliografia

  • Spreckley et al, Perspectives into the experience of successful, substantial long-term weight-loss maintenance: a systematic review, Int J Qual Stud Health Well-being. 2021; 16(1): 1862481
  • Tahreem et al, Fad Diets: Facts and Fiction, Front Nutr. 2022; 9: 960922.
alimentazione endometriosi

Alimentazione Endometriosi: informazioni utili

L’endometriosi è una condizione clinica complessa e spesso debilitante che colpisce milioni di donne in tutto il mondo. Mentre la ricerca continua a indagare su cause e cure, in molte si chiedono: alimentazione ed endometriosi hanno un legame?

Comprendere l’endometriosi

L’endometriosi è caratterizzata dalla presenza di tessuto simile a quello della mucosa uterina al di fuori dell’utero. Questo tessuto può causare infiammazione, dolore cronico, e in alcuni casi, problemi di fertilità. Mentre l’approccio medico tradizionale include terapie ormonali e interventi chirurgici, molte donne cercano anche soluzioni attraverso modifiche dello stile di vita, compresa l’alimentazione.

Endometriosi: quanto incide l’alimentazione?

Una dieta bilanciata e mirata può influire positivamente sulla sintomatologia legata all’endometriosi. Alcuni alimenti possono contribuire a ridurre l’infiammazione nel corpo, alleviare il dolore e migliorare la funzione del sistema immunitario. Ma non è tanto l’abbondanza di questi a dare giovamento, quanto la carenza a peggiorare la sintomatologia. Tra questi l’elemento più importante sono gli Omega 3, molto presenti nei pesci dalla percentuale alta di grasso (es. salmone).

3 consigli per una dieta bilanciata

  1. Consumare abitualmente pesce. Dalle 2 alle 3 volte a settimana è consigliabile consumare pesce come salmone, tonno, aringa, merluzzo. Qualora foste vegetariane, potete trovare una buona dose di Omega 3 nelle alghe e in certi tipi di semi o frutta secca (es. noci o semi di lino)
  2. Limitare l’assunzione di alimenti che contribuiscono ad aumentare l’infiammazione: Ridurre il consumo di cibi ricchi di grassi saturi, zuccheri aggiunti e alimenti altamente processati, che possono contribuire all’infiammazione.
  3. Bilanciare gli ormoni: Alcuni alimenti possono influire sugli ormoni. Tra questi ci sono sicuramente alcol e caffeina che sono tra i più influenti. Limitare fortemente quindi l’assunzione di alcol mensile e ridurre i caffè a massimo due al giorno. DIbattuto è il ruolo della soia, a causa dell’alto contenuto di fito ormoni. Nel dubbio, qualora consumaste abitualmente soia, è sempre buona norma cuocerla per inattivare queste molecole che secondo alcuni possono essere fastidiose.

In sintesi, l’alimentazione può essere d’aiuto nella gestione dei sintomi legati all’endometriosi. Tuttavia, è fondamentale comprendere che non esiste una cura alimentare per questa condizione. Le donne che soffrono di endometriosi dovrebbero lavorare in collaborazione con i professionisti della salute per sviluppare un piano di gestione completo che includa sia l’aspetto medico che quello nutrizionale.

Se hai necessità di migliorare la tua alimentazione, prenota una visita, sarò felice di aiutarti.

diarrea cani

Diarrea Cani: alimentazione e prevenzione

La diarrea nei cani è un problema molto comune. Molti padroni vagano alla ricerca di cause senza però, per un attimo, provare a riflettere su quella che è l’alimentazione del proprio cane. Spesso, la dieta del tuo animale domestico può svolgere un ruolo significativo nello sviluppo della diarrea. In questo articolo, esploreremo le cause della diarrea nei cani legate all’alimentazione e forniremo suggerimenti su come prevenirla.

Cause della Diarrea nei Cani Legate all’Alimentazione

Cambiamenti improvvisi nella dieta: Uno dei principali fattori scatenanti della diarrea nei cani è un cambio improvviso nella loro alimentazione. Quando il tuo cane è esposto a cibi nuovi o una dieta completamente diversa da quella a cui è abituato, il suo sistema digestivo potrebbe reagire negativamente. I cani hanno infatti bisogno di tempo per adattarsi al nuovo equilibrio dato da una nuova dieta. Anche un semplice cambio di gusto delle crocchette, seppur la marca rimanga la stessa, può causare problemi digestivi.

Alimenti scadenti: Alcuni alimenti per cani economici o di bassa qualità possono contenere ingredienti pessimi o additivi artificiali che possono irritare il tratto gastrointestinale del tuo animale. È importante leggere attentamente l’etichetta degli alimenti per cani e scegliere quelli di alta qualità.

Sovralimentazione o sottoalimentazione: Dare al tuo cane troppo cibo o non fornirgli la quantità di cibo necessaria può influire sulla sua salute digestiva. Troppi spuntini o porzioni eccessive possono portare a diarrea, mentre una dieta carente può causare problemi di salute a lungo termine.

Eccesso di carboidrati

Su quest’ultimo punto, in particolare, è fondamentale chiarire il ruolo dei carboidrati nella dieta dei cani. Oggi è altamente dibattuta la gestione dei carboidrati nei cani, ma molto spesso non si conosce il perchè di questa diatriba.

Gli enzimi digestivi sono fondamentali per scomporre i nutrienti contenuti negli alimenti in molecole più piccole che possono essere assorbite dall’organismo. Tra questi enzimi, l’amilasi è responsabile della digestione dei carboidrati complessi, come l’amido, in zuccheri più semplici come il glucosio.

Nei cani, le amilasi sono presenti in quantità molto minori rispetto agli esseri umani, il che significa che i cani hanno una capacità limitata di digerire i carboidrati. Questa è una caratteristica ereditaria e risale ai lupi, i progenitori dei cani domestici, che avevano una dieta prevalentemente carnivora. Pertanto, i cani sono adattati a una dieta ricca di proteine e grassi.

Tuttavia, l’evoluzione ha portato alla diversificazione delle diete canine e all’adattamento a una certa quantità di carboidrati. Molti alimenti per cani contengono una certa quantità di amido, che può essere utile per la produzione di cibo secco o come fonte di energia a lungo termine. Ma è importante comprendere che i cani non sono ottimi digeritori di carboidrati complessi, eccessivi carboidrati nella dieta possono causare problemi digestivi, tra cui la diarrea.

    Come Prevenire la Diarrea Legata all’Alimentazione nei Cani

    1. Introduci cambiamenti graduali: Se devi modificare la dieta del tuo cane, fallo gradualmente. Mescola la nuova alimentazione con quella precedente per alcuni giorni, aumentando gradualmente la quantità della nuova dieta. Questo aiuterà il sistema digestivo del tuo cane a adattarsi senza causare stress.
    2. Scegli alimenti di alta qualità: Investi in alimenti di alta qualità formulati appositamente per le esigenze del tuo cane. Questi alimenti contengono ingredienti di migliore qualità e possono aiutare a prevenire reazioni avverse.
    3. Limita gli snack ricchi di carboidrati: Evita di somministrare eccessivi snack e premi ricchi di carboidrati al tuo cane, specialmente se ha una sensibilità ai carboidrati.
    4. Scegli alimenti bilanciati: Opta per alimenti per cani di alta qualità che contengono una quantità adeguata di carboidrati facilmente digeribili. Leggi attentamente le etichette per conoscere la composizione nutrizionale.

    In sintesi, la diarrea nei cani può essere causata da diversi fattori legati all’alimentazione. È importante essere consapevoli dell’importanza di una dieta equilibrata e di alta qualità per la salute del tuo animale domestico. In caso di problemi digestivi persistenti, consulta il tuo veterinario per una valutazione accurata e raccomandazioni specifiche. La prevenzione è la chiave per mantenere il tuo cane felice e sano, evitando problemi gastrointestinali legati all’alimentazione.

    Se hai bisogno di un consulto e sei di Udine, prenota una visita con me.

    Rankovic et al, Role of carbohydrates in the health of dogs, journal of the american veterinary association, 1 september 2019, volume 255, issue 5

    dieta low fodmap

    Dieta low fodmap: un percorso verso il benessere intestinale

    Se soffri di sindrome dell’intestino irritabile (IBS) o di problemi digestivi persistenti a carico dell’intestino, probabilmente hai già sentito parlare della “dieta low FODMAP”. Questo approccio dietetico è stato sviluppato appositamente dalla Monash University per aiutare le persone a gestire i sintomi gastrointestinali e a migliorare la qualità della loro vita. In questo articolo, esploreremo in dettaglio la dieta low FODMAP e come può diventare una parte preziosa del tuo percorso verso il benessere intestinale.

    Cos’è la Dieta Low FODMAP?

    Il termine “FODMAP” è un acronimo che rappresenta cinque categorie di carboidrati fermentabili presenti in diversi alimenti. Queste categorie includono Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides, And Polyols. Questi zuccheri fermentanti vengono processati dalla flora batterica e in alcune persone possono causare sintomi gastrointestinali sgradevoli come gonfiore, dolore addominale, flatulenza e diarrea.

    La dieta low FODMAP implica la riduzione temporanea o l’eliminazione di alimenti ricchi di questi carboidrati dalla tua dieta. In seguito, gradualmente, avviene la fase di reintroduzione per determinare quali specifici alimenti scatenano i tuoi sintomi. Questo approccio ti consente di personalizzare la tua dieta in base alle tue esigenze specifiche.

    Come Iniziare?

    Iniziare con la dieta low FODMAP richiede una pianificazione accurata. Ecco i passi chiave:

    • Consulta un Professionista della Salute: Prima di iniziare qualsiasi cambiamento dietetico, è importante consultare un medico o un nutrizionista esperto. Questo ti aiuterà a determinare se la dieta low FODMAP è appropriata per te e a creare un piano personalizzato.
    • Elimina i FODMAP Adatti alla Dieta: Durante la fase di eliminazione, escludi i cibi ad alto contenuto di FODMAP dalla tua dieta. Questi possono includere alimenti come aglio, cipolla, frutta secca, latticini, legumi, alcuni tipi di frutta e verdura, derivati del frumento.
    • Tieni un Diario Alimentare: Registra ciò che mangi e i sintomi che sperimenti. Questo ti aiuterà a identificare i cibi che potrebbero scatenare i tuoi disturbi gastrointestinali.
    • Graduale Reintroduzione: Dopo un periodo di eliminazione, inizia a reintrodurre gradualmente i cibi FODMAP uno alla volta per valutare come influiscono sui tuoi sintomi.
    • Personalizza la Tua Dieta: Con il tempo, sarai in grado di creare una dieta low FODMAP personalizzata che riduca i tuoi sintomi e migliorare il tuo benessere.

    Consigli per il Successo con la Dieta Low FODMAP

    • Leggi le Etichette degli Alimenti: Impara a riconoscere gli ingredienti ad alto contenuto di FODMAP negli alimenti confezionati.
    • Scegli Alternative Sicure: Esistono molte alternative a basso contenuto di FODMAP per molti alimenti, come il latte di mandorla al posto del latte vaccino.
    • Trova Ricette Gustose: Esplora ricette a basso contenuto di FODMAP per mantenere varia e deliziosa la tua dieta.
    • Mantieni un Equilibrio Nutrizionale: Assicurati di ricevere tutti i nutrienti necessari, anche con una dieta a basso contenuto di FODMAP. Parla con un nutrizionista per aiuto.

    Vediamo una possibile giornata alimentare

    Per passare anche alla parte pratica, proviamo ora a disegnare una giornata tipo dal punto di vista alimentare per una persona che segue una dieta di questo tipo. Ovviamente questo è solo un esempio e non va applicato in maniera arbitraria senza l’aiuto di un esperto:

    Colazione:

    • Un’omelette con spinaci e parmigiano, una galletta di riso o mais, una porzione di fragole.

    Spuntino mattutino:

    • Una manciata di mandorle

    Pranzo:

    • Insalata di pollo con lattuga, pomodori e cetrioli, ondimento a base di olio d’oliva e limone, scaglie di parmigiano e un cucchiaio di maionese

    Spuntino pomeridiano:

    • Una banana e una manciata di frutta secca

    Cena:

    • Salmone alla griglia con erbe aromatiche, asparagi cotti al vapore con un filo d’olio d’oliva, riso basmati con una spirale d’olio

    Snack serale (se necessario):

    • Uno yogurt senza lattosio o una tazza di fragole.

    La dieta low FODMAP può essere un efficace strumento per gestire i sintomi gastrointestinali. Ricorda che è importante lavorare con un professionista della salute per garantire che stai seguendo una dieta sicura e adatta alle tue esigenze individuali. Con pazienza e dedizione, puoi fare passi significativi verso il benessere intestinale e una vita più confortevole. Se sei di Udine o dintorni e hai bisogno di una guida, prenota una visita.

    Per approfondire:

    Monash university low fodmap

    mima digiuno

    mima digiuno: cosa devi sapere

    La dieta Mima Digiuno è diventata una tendenza negli ultimi anni, promettendo benefici per la salute e la perdita di peso. Penso sia quindi interessante offrire una visione di settore per aiutarti a capire se questa sia la scelta più adatta a te.

    Cos’è la Dieta Mima Digiuno?

    La dieta Mima Digiuno è un protocollo alimentare a basso contenuto calorico che dura generalmente dai 3 ai 5 giorni. Durante questi giorni, si consumano poche calorie provenienti da alimenti soprattutto di origine vegetale. Questo protocollo alimentare è stato inventato e reso famoso dallo scienziato Valter Longo. L’obiettivo dichiarato è quello di “mimare” i benefici del digiuno, come la pulizia cellulare e la riduzione dell’infiammazione, senza dover affrontare il disagio del digiuno completo.

    I Presunti Benefici:

    I sostenitori della dieta Mima Digiuno affermano che essa possa portare a una serie di benefici per la salute, tra cui:

    1. Perdita di Peso: La riduzione delle calorie potrebbe portare a una perdita di peso significativa.
    2. Detossificazione: Si crede che questa dieta possa aiutare a liberare il corpo da tossine accumulate.
    3. Aumento dell’Aspettativa di Vita: Alcune ricerche suggeriscono che il digiuno intermittente possa aumentare l’aspettativa di vita.

    Le Critiche alla Dieta

    Tuttavia, è importante notare che nonostante i potenziali vantaggi, ci sono anche numerose critiche e preoccupazioni associate a questa dieta:

    1. Sicurezza: La dieta Mima Digiuno non è adatta a tutti, e le persone con determinate condizioni mediche dovrebbero evitarla.
    2. Perdita Muscolare: Durante la dieta, c’è il rischio di perdere massa muscolare a causa dell’apporto calorico estremamente limitato.
    3. Sostenibilità: La dieta Mima Digiuno può essere difficile da seguire a lungo termine, il che potrebbe portare a un effetto yo-yo sulla perdita di peso.
    4. Necessità di Supervisione: Un piano di dieta così specifico richiede la consulenza di un professionista della salute o di un nutrizionista.

    Ma cosa ancora più importante la ricerca scientifica ha fornito solamente dati preliminari (principalmente su animali) sui benefici di un approccio di questo tipo e la letteratura scientifica di riferimento non è completo quanto quella di una dieta più “rodata” come la mediterranea. Non ci sono inoltre evidenze a lungo termine.

    La dieta Mima Digiuno è un argomento sicuramente interessante, ma complesso che richiede un’attenta analisi. Prima di intraprenderla, è essenziale consultare un professionista della salute o un nutrizionista per garantire che sia adatta al tuo stato di salute e ai tuoi obiettivi. Inoltre essa è legata all’acquisto di pacchetti preconfezionati di alimenti da consumare durante il protocollo. Sicuramente è possibile acquistare questi alimenti anche in autonomia, ma questo aspetto ci fa capire come (senza necessariamente giudicare in maniera negativa la cosa) questa sia legata indissolubilmente ad una manovra di marketing.

    Mentre questa dieta potrebbe offrire benefici, è importante notare che non esiste una “taglia unica per tutti” quando si tratta di nutrizione. La chiave per una salute a lungo termine è una dieta equilibrata, varia e sostenibile.

    Se desideri ulteriori informazioni sulla dieta Mima Digiuno, sei di Udine e dintorni e desideri discutere le tue opzioni dietetiche, non esitare a contattarmi o a prendere appuntamento.

    Bibliografia

    A Periodic Diet that Mimics Fasting Promotes Multi-System Regeneration, Enhanced Cognitive Performance, and Healthspan, Cell Metab, 2015 Jul 7;22(1):86-99.

    Time-Restricted Feeding and Intermittent Fasting as Preventive Therapeutics: A Systematic Review of the Literature, Cureus, 2023 Jul 22;15(7):e42300. doi: 10.7759/cureus.42300.

    Sitografia

    https://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/dieta-mima-digiuno.html

    pane tostato

    Pane Tostato: Vantaggi per l’Indice Glicemico e la Salute

    Molte persone, dopo aver ricevuto la dieta, mi chiedono: “perchè devo mangiare pane tostato?”. In questo articolo, esploreremo i vantaggi del pane tostato rispetto a quello fresco in relazione all’indice glicemico, offrendo alcuni spunti per aiutarti a prendere decisioni più consapevoli sulla tua alimentazione.

    Comprendere l’Indice Glicemico

    Prima di addentrarci nella differenza tra pane tostato e fresco, è fondamentale capire cos’è l’indice glicemico (IG). L’IG è una scala che misura la velocità con cui un alimento aumenta i livelli di zucchero nel sangue dopo essere stato consumato. Alimenti con un IG più basso causano un aumento graduale dei livelli di zucchero nel sangue, mentre quelli con un IG elevato possono provocare picchi glicemici.

    Il pane tostato ha un IG leggermente più basso rispetto al pane fresco. Questa differenza è dovuta al processo di tostatura, che riduce la capacità dell’amido nel pane di essere digerito rapidamente. Di conseguenza, dare una leggera tostatura al pane può contribuire a mantenere più stabili i livelli di zucchero nel sangue.

    Per coloro che cercano di controllare il peso o gestire il diabete, quindi, il pane tostato può essere una scelta saggia. Poiché l’IG più basso aiuta a prevenire picchi glicemici, si riduce la sensazione di fame e l’impulso a consumare cibi ad alto contenuto calorico. Questo può essere un contributo significativo a una dieta equilibrata.

    Cosa spalmare sul pane tostato?

    I topping con cui consumare il pane hanno allo stesso modo un ruolo fondamentale nella gestione dell’IG. Le scelte più sane includono l’avocado, il salmone affumicato, o le uova, che apportano grassi salutari e proteine. Ma se sei una persona che preferisce il dolce hai comunque una vasta scelta: burro d’arachidi e crema di frutta secca (nocciole, mandorle, anacardi 100%) sono una scelta altrettanto consigliabile che può aiutarti anche a tenere a bada la fame nelle ore successive. Anche il burro, se inserito all’interno di una dieta equilibrata, può essere un’ottima scelta.

    Conclusioni:

    Il pane tostato offre vantaggi per il controllo dell’indice glicemico grazie al suo IG leggermente più basso rispetto al pane fresco. Tuttavia, la scelta tra i due dipende dalle esigenze individuali e dall’obiettivo nutrizionale. L’importante è fare scelte consapevoli, bilanciando il proprio consumo di pane con altri alimenti che compongono una dieta equilibrata.

    La decisione tra pane tostato e fresco può influenzare la gestione del tuo indice glicemico, ma ricorda che la tua dieta complessiva è la chiave per una buona salute. Consulta sempre un professionista della nutrizione per ottenere una guida personalizzata in base alle tue esigenze specifiche.

    Se sei di Udine o dintorni e vuoi prenotare una visita con me, puoi farlo direttamente dal sito cliccando su questo link, oppure tramite mail, whatsapp o cellulare.

    intolleranze alimentari e pseudoscienza

    Intolleranze Alimentari: come riconoscere test pseudoscientifici

    Le intolleranze alimentari sono un problema serio che può causare disagi significativi. Tuttavia, negli ultimi anni, si è diffusa una serie di pratiche pseudoscientifiche che promettono di identificare le intolleranze alimentari attraverso test non attendibili. In particolare tutti quei test non effettuati in ospedale, ma che vengono proposti in ambulatori privati o farmacie devono far drizzare le antenne perchè spesso non sono scientificamente validati. In questo articolo andiamo a definire cosa sono le intolleranze alimentari e quali test pseudoscientifici non bisogna prendere in considerazione quando si sospetta un disturbo di questo tipo.

    Cosa sono le intolleranze alimentari?

    Prima di immergerci nelle pratiche pseudoscientifiche, è importante capire di cosa stiamo parlando. Un’intolleranza alimentare si verifica quando il corpo ha difficoltà a digerire un particolare alimento. Questo può causare sintomi come gonfiore, diarrea, crampi addominali e altri disturbi digestivi. Tutt ciò è generalmente causate da una carenza di enzimi digestivi specifici: in mancanza di lattasi si manifesta l’intolleranza al lattosio.

    Le uniche intolleranze alimentari riconosciute sono quest’ultima e l’intolleranza al glutine ed entrambe devono essere diagnosticate da un medico specialista: non da nutrizionisti o altre figure sanitarie non afferenti all’ordine dei medici. Lo specialista di riferimento è il gastroenterologo.

    Pratiche Pseudoscientifiche e il test delle Intolleranze Alimentari

    Negli ultimi anni, sono diventati molto popolari i test delle intolleranze alimentari che promettono di identificare in modo preciso gli alimenti responsabili dei sintomi sopra descritti. Altre volte, addirittura, i test hanno l’obiettivo di riconoscere quali alimenti siano responsabili di ingrassamento anomalo: non esiste evidenza che dimostri che singoli cibi possano causare un aumento di peso come conseguenza di un un qualche tipo di intolleranza.

    Molti di questi test, se non tutti, sono privi di validità scientifica e spesso si basano su pseudoscienza e ciarlatanerie che mancano di qualsivoglia elemento di letteratura sceintifica a supporto. Ecco riassunte le ragioni per cui dovremmo essere scettici di tali pratiche e starne alla larga:

    1. Assenza di Prove Scientifiche: Molti test delle intolleranze alimentari non sono supportati da prove scientifiche solide. Non esiste un consenso nella comunità scientifica riguardo ai metodi utilizzati in questi test.
    2. Variabilità dei Risultati: I risultati di questi test possono variare da un giorno all’altro, rendendoli poco affidabili. Ciò significa che un alimento potrebbe essere identificato come “non tollerato” in un momento e “tollerato” in un altro.
    3. Diagnosi Incomplete: Questi test spesso individuano una lunga lista di alimenti “non tollerati”, senza considerare la quantità o la frequenza con cui dovrebbero essere evitati. Ciò può portare a diete estremamente limitanti e poco realistiche.

    Quali sono i test riconosciuti dalla comunità scientifica?

    Il breath test è l’unico riconosciuto dalla comunità scientifica per la diagnosi di un’intolleranza alimentare. Si effettua in ospedale soffiando all’interno di un apposito strumento dopo aver ingerito una quantità misurata di lattosio. Questo test è infatti specifico per questo oligosaccaride.

    L’intolleranza al glutine, invece, intesa come malattia celiaca, viene diagnosticata mediante test sierologici preliminari seguiti poi da biopsia dei villi intestinali effettuata mediante gastroscopia (esofagogastroduodenoscopia). E’ possibile, inoltre, effettuare dei test genetici, per indagare la predisposizione alla celiachia. Per approfondire leggi questo articolo.

    Il Ruolo del Nutrizionista Professionista

    Il migliore approccio per affrontare le intolleranze alimentari correttamente diagnosticate è consultare un nutrizionista o un dietologo professionista. Questi esperti possono condurre un’accurata valutazione delle abitudini alimentari, dei sintomi e delle reazioni individuali per venire incontro al paziente con un’alimentazione indicata. Inoltre, possono fornire consigli basati su prove scientifiche per gestire le intolleranze in modo sano ed equilibrato.

    Conclusione

    Mentre è comprensibile cercare risposte alle proprie intolleranze alimentari, è fondamentale evitare pratiche pseudoscientifiche come i test delle intolleranze. Affidarsi a prove scientifiche e consulenza specializzata è la chiave per garantire una dieta sana e bilanciata.

    Investire nella propria salute richiede un approccio basato sulla scienza, e questo vale anche per le intolleranze alimentari. Non lasciatevi ingannare da promesse vuote e scelte pseudoscientifiche. Optate per la consulenza di un gastroenterologo e di un professionista della nutrizione per un percorso sicuro verso una vita più sana e al benessere.

    Se sei intollerante al lattosio e cerchi un nutrizionista per un’alimentazione che tenga in considerazione questo tuo disturbo, prenota una visita.

    Fonte: https://www.humanitas.it/visite-ed-esami/il-test-delle-intolleranze-alimentari/

    guida e sonno

    Guida e sonno: come mangiare per non addormentarsi sul volante

    Capita spesso di trovarsi alla guida con il sonno che comincia a farsi pesante. Gli occhi vorrebbero chiudersi ma noi ci sforziamo con tutti noi stessi per tenerli aperti. Molte volte si riesce a giungere a destinazione, uscire dalla macchina e buttarsi sul primo letto a disposizione. Purtroppo però, a volte, chiudere gli occhi un attimo potrebbe costare molto.

    L’alimentazione, come abbiamo già visto in questo articolo , incide relativamente sulla qualità del sonno. Sono piuttosto luce e routine quotidiane costanti che ci aiutano a dettare il ritmo sulla qualità del tempo passato a letto. L’alimentazione però, soprattutto quella scorretta, può incidere sull’abbiocco fino a causare veri e propri colpi di sonno.

    Guida e sonno sono sicuramente due cose che non vanno per niente d’accordo, ecco dunque alcuni consigli alimentari su come mantenersi svegli durante un lungo viaggio

    Guida e sonno: 3 consigli alimentari per non addormentarsi sul volante

    A parte informazioni già sentite molte altre volte (ma che non guasta ricordare come: non bere alcol prima di guidare, non abbuffarsi, non bere quantità tossiche di caffeina) ecco 3 consigli su come ridurre l’incidenza degli abbiocchi quando ci si mette alla guida. Ovviamente l’alimentazione fa la sua parte, ma non è l’unica variabile determinante. Stile di vita attivo e sonno regolare sono altri due elementi fondamentali per non avere sonno nei momenti sbagliati della giornata.

    Stai lontano/a dai carboidrati

    Prima di mettersi al volante sarebbe buona norma evitare pasti ricchi di carboidrati, soprattutto se si parla di grosse quantità di carboidrati complessi. Pane, pasta, riso, patate sono tutte cose da apprezzare solo all’arrivo a destinazione, quando prima di partire sono stati consumati pasti soprattutto a base di grassi e proteine. Attenzione però: i carboidrati non sono categoricamente vietati. Il loro apporto è delegato quasi esclusivamente alla frutta in questa evenienza. Largo spazio, dunque, a piatti a base di carne, pesce, uova, formaggi accompagnati da un contorno di verdure cotte o crude condite con olio extra vergine d’oliva e un frutto a conclusione (o anche apertura) del pasto.

    Se durante il viaggio dovesse venire un languore è consigliabile sempre optare per una fonte di grassi vegetali: frutta secca, cioccolato fondente, cocco. Questi consigli non si sposano benissimo con quanto offerto normalmente negli autogrill, motivo valido per procurarsi a casa sia il pasto che precede la partenza che eventuali snack da consumare durante le pause dal volante.

    Dosa bene la caffeina

    Quando si parla di guida e sonno anche la caffeina gioca un ruolo importante. Senza consumare litri inutili di caffè o tè, è buona norma imparare a gestire le dosi, in maniera tale da non ingerire quantità fuori controllo di questa sostanza. Il caffè non va bevuto al bisogno. Non bisogna aspettare di avere sonno per scolarsi un caffè doppio al banco dell’autogrill. Come spiegato in questo articolo le ricerche più recenti mostrano come il caffè abbia un effetto energizzante anche per la sua competizione con la molecola adenosina, responsabile della sensazione di sonno. Non bisogna aspettare dunque che l’adenosina si accumuli, quanto piuttosto evitare che lo faccia.

    I caffè vanno dunque bevuti a ritmo regolare: uno prima della partenza e, a seconda della lunghezza del viaggio, uno ogni tre o quattro ore, senza raggiungere soglie tossiche di caffeina (400mg al giorno). Ovviamente avere un partner con cui darsi il cambio al volante è sempre la scelta migliore, anche se non sempre possibile.

    Rimani idratato/a

    L’acqua è spesso la cosa che si sottovaluta di più. Per rimanere in forma e concentrati è assolutamente necessario mantenere il corpo idratato e quindi sorseggiare acqua a ritmi regolari. Bevi quindi un sorso di acqua ogni 20/30 minuti e non preoccuparti se dovrai fermarti per una pausa pipì:i bagni saranno sempre a disposizione negli autogrill. Per evitare continue soste però è consigliabile non scolarsi una bottiglia da litro in pochi minuti per poi dimenticarsene, quanto piuttosto, come già detto, fare piccoli sorsi a cadenza regolare. Il cervello dirà grazie e farà in modo di farvi percepire meno sonno del solito.

    Quando si parla di guida e sonno è quindi fondamentale partire da questi tre piccoli consigli che contribuiscono in maniera importante a non avere colpi di sonno inaspettati che potrebbero mettere a rischio il viaggio e in casi estremi anche la sicurezza personale

    Fonti:

    A review of caffeine’s effects on cognitive, physical and occupational performance, McLellan et al, Neurosci Biobehav Rev. 2016 Dec; 71:294-312. doi: 10.1016/j.neubiorev.2016.09.001. Epub 2016 Sep 6.

    https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.2903/j.efsa.2015.4102

    consigli per la cena

    Cena: 3 consigli nutrizionali

    La cena, come anche la colazione, è spesso al centro di dibattiti rispetto cosa sia meglio mangiare. La domanda più frequente è sicuramente: “si può mangiare pasta la sera?”. In molte famiglie, infatti, vige la regola che pasta o riso debbano essere mangiati esclusivamente a pranzo, lasciando spazio a carne, pesce o uova la sera.

    Questa convinzione nasce dal fatto che la cena, essendo il pasto più vicino alle ore di sonno, non necessiti di grosse energie da consumare. A poche ore dal termine del pasto una persona è abituata ad andare a dormire e quindi smettere di consumare energie: sarebbe come fare il pieno solo alla fine di un lungo viaggio.

    Tuttavia la questione non è così semplice e i carboidrati la sera sono tutt’altro che banditi. Mi sembrava dunque utile proporre alcuni consigli utili per organizzare le proprie cene.

    Alcuni consigli utili per organizzare la vostra cena

    Se sei un sedentario, mangia carboidrati

    Per un lavoratore sedentario potrebbe essere molto utile spostare i carboidrati nelle ultime ore della giornata. Avvocati, impiegati, commercialisti non svolgono di certo un lavoro che necessiti di muscoli e olio di gomito e le persone si affidano a loro per competenze intellettuali. La giornata lavorativa richiede concentrazione ed è per questo motivo che accumulare carboidrati a pranzo e colazione potrebbe essere controproducente. Una delle tante caratteristiche di questo macronutriente è infatti quella di far venire sonno.

    Quando conviene che il sonno sopraggiunga? La notte! Quindi perchè non organizzare anche la nostra giornata alimentare in funzione delle fasi della giornata in cui ci conviene rimanere svegli o andare a letto? Provate a mangiare la pasta la sera e sfatiamo il mito principale sulla cena.

    Non mangiare troppo a ridosso del sonno

    Mangiare, magari anche un lauto pasto, a poche ore dal sonno potrebbe essere estremamente controproducente. La digestione infatti potrebbe danneggiare la qualità del riposo, portandoci ad essere molto più stanchi e spossati il giorno successivo. Immaginate poi cosa potrebbe succedere se questa cattiva abitudine si protrasse per mesi o anni: la stanchezza diventerebbe cronica.

    Un’altra cattiva abitudine che potrebbe danneggiare il sonno è quella di bere caffè, anche decaffeinato, dopo cena. Anche se la caffeina sembra non impedire di fare sonni tranquilli, incide in maniera forte sulla qualità del sonno facendo ottenere gli stessi risultati di cui sopra.

    Cenare prima dell’attività fisica

    Nella società frenetica in cui viviamo è molto difficile riuscire ad organizzare delle giornate che siano in linea con ritmi biologici sani. Molte persone per mantenersi in forma sono costrette a praticare attività fisica nel tardo pomeriggio, se non a volte anche di sera. L’organismo, quando sotto sforzo, ha bisogno di nutrienti che noi gli consegniamo attraverso l’alimentazione.

    Se vi allenate di sera, quindi, vi consiglio di fare uno spuntino a base di carboidrati complessi (es. avena) o frutta (anche un frappè con bevande vegetali) circa un’ora prima dell’allenamento, per poi cenare dopo, con un pasto che preveda almeno un primo e un contorno, così da ripristinare il glicogeno dei muscoli.

    pranzo consigli nutrizionali

    Pranzo: 3 consigli nutrizionali

    Il pranzo è un crocevia importantissimo nella routine alimentare. Rappresenta il pasto che sostiene le nostre attività pomeridiane e da esso possono dipendere efficienza sul lavoro o nello sport. Se ti è mai capitato di provare senso di appesantimento o sonnolenza nelle prime ore del pomeriggio, probabilmente stai sbagliando qualcosa nel progettare i tuoi pranzi.

    Molte persone sono convinte che tutti quei piatti che possiamo classificare come primi (pasta o riso ad esempio) debbano avere come palcoscenico il pranzo. Ma è sempre così? Se ragioniamo in termini funzionali rispetto alle attività della giornata la risposta è sempre la stessa: dipende.

    Vediamo quali accorgimenti si possono mettere in atto per migliorare la qualità di questo pasto fondamentale.

    Alimentazione: 3 consigli per il pranzo

    Pensa alle tue attività pomeridiane

    La funzione principale del cibo è quello di fornirci risorse per affrontare le attività della giornata. L’organizzazione del pranzo non può quindi essere sempre la stessa indipendentemente da quello che andrò a fare poche ore dopo. Ho bisogno di concentrazione per un lavoro importante? Mi aspetta una sessione impegnativa in palestra? Dedico il pomeriggio al relax? Sono tutte domande fondamentali da porsi prima di mettersi ai fornelli o ordinare una pietanza in mensa o al ristorante.

    In generale i carboidrati sono da limitare in previsione di un’attività che richiede concentrazione, mentre devono essere al centro del pasto se nel pomeriggio si dovrà svolgere un qualche tipo di attività fisica/motoria.

    Mai saltare l’appuntamento con i grassi

    I grassi non dovrebbero mai mancare all’interno di un pasto ed in particolare sono quelli vegetali che si deve andare a cercare. Grazie al suo contributo nel migliorare l’indice glicemico del pasto, questa classe di macronutrienti permette di organizzare le energie in maniera più equilibrata. La dieta mediterranea offre l’olio d’oliva e la frutta secca come fonti principali, che possono essere facilmente aggiunte all’interno del pranzo. Il modo migliore per introdurle è quello di condire ogni piatto con il miglior olio EVO a disposizione e magari aggiungere all’insalata qualche gheriglio di noce o nocciola.

    Frutta da evitare

    La dieta mediterranea prevede 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. Riuscire a mantenersi su questi numeri garantisce l’approvigionamento di fibre e micronutrienti. La frutta quindi non è assolutamente bandita dai pasti principali come molti sono portati a credere. Acquisire l’abitudine di concludere un pasto equilibrato con un frutto permette invece di migliorare il senso di sazietà, dare un tono dolce al concerto di gusti e aggiungere la quota di carboidrati all’interno, ad esempio, di un pasto che preveda secondo e contorno come portate. Quando stai pensando al pranzo da consumare in ufficio non dimenticare, quindi, di aggiungere un frutto per chiudere le danze o, perchè no, aprirle.

    Una gestione poco puntuale della caffeina può essere un’altra causa dell’abbiocco delle 14. Dai un’occhiata a questo articolo per approfondire.